Proiettato Giovedi notte al FIFDH, “Citizenfour” ripercorre gli inizi del caso Snowden. Quest’ultimo, collegato con l’evento di Ginevra in videoconferenza, è apparso rilassato e aperto, ma ancora determinato a lottare contro la cyber-sorveglianza.
“Laura, a questo punto devo dirtelo: lavoro per i servizi di intelligence del governo. Spero tu capisca quanto sia pericoloso per me contattarti.” Queste parole costituiscono il primo scambio tra il misterioso Citizenfour e la regista Laura Poitras. Letta dall’americana, quest’email fa da incipit all suo thriller di documentario fresco di premio Oscar.
A metà del film, il terzo capitolo di Laura Poitras sul post 11 settembre, avviene l’incontro con il “Citizenfour”. L’intervista si svolge nel giugno del 2013 in una camera del Mira Hotel di Hong Kong. Dietro lo pseudonimo si nasconde Edward Snowden, 29 anni, timido, semplice, nervoso.
Per otto giorni, il whistleblower fornisce alla regista e ai giornalisti Ewen MacAskill e Glenn Greenwald del Guardian tutti i dettagli del sistema dei programmi-spia della NSA, comunicati a tutto il mondo poche ore dopo. Mentre lo scandalo esplode, l’ex agente ne osserva gli sviluppi e la portata, seduto sul letto nella sua camera d’albergo in accappatoio.
“E’ stata una questione di necessità”
Il documentario racconta i principali sistemi di sorveglianza di massa e mette in luce anche le “menzogne” delle autorità statunitensi di fronte alle rivelazioni dell’informatore. Più in particolare, dà un ritratto molto privato di Edward Snowden, innanorato di Internet dalla prima ora, preoccupato per i suoi familiari, ma convinto della sua battaglia.